LISISTRATA (Aristofane) E LA COPPIA ANIMUS E ANIMA – Seminario sulle Tragedie Greche, Siracusa 2025
di Alessandra Corridore
La commedia di Aristofane può essere letta da diverse prospettive. Costestualizzandola, emerge il rifiuto dell’autore rispetto alle guerre che stavano portando le città-stato ad indebolirsi, un rifiuto che risuona molto attuale anche nel contesto storico-politico odierno. Egli affida a Lisistrata la sua inquietudine, quella violenza eversiva con cui immagina di sconvolgere una insopprimibile realtà[1]. Affida a Lisistrata il compito di liberare la sua Atene, e con essa tutta la Grecia, ma si potrebbe proporre, sulla scia delle riflessioni di Neumann e di altri autori, anche una lettura legata all’evoluzione del femminile in ambito psichico individuale e di coppia. Tale evoluzione probabilmente sarebbe stata impossibile nell’allora contesto storico, non sappiamo nella psiche di Aristofane, il quale tuttavia opera un tentativo di apertura, di avvicinamento, anacronistico e assurdo per quel tempo ed utilizzando un linguaggio prettamente maschile, degli archetipi di Animus e Anima.
La prospettiva che mi ha portata ad incontrare Lisistrata è intimamente legata alla necessità di continuare a creare immagini, ad aprire nuove connessioni e risonanze (come d’altronde avviene nella stanza d’analisi), a reimmaginare e quindi a fare anima.
La Bearné scrive che la principale funzione delle donne ateniesi era quella di procurare figli legittimi alla città e ai propri mariti, di cui erano esclusiva proprietà[2]. Nella commedia si intravede questa unilateralità originaria, archetipica nella coppia del maschile e del femminile. Risulta evidente quando Lisistrata sembra sottolineare con disappunto,rivoltaa Calonica lì presente: “L’appuntamento era qui, dovevamo decidere un affare importante: se la dormono, non arriva nessuna”. La donna risponde: “…uscire di casa, che impresa per le donne! Noi altre, chi deve sbattersi per il marito, chi svegliare lo schiavo, chi mettere a letto il bambino, chi lavarlo, dargli la pappa…”[3] …mentre gli uominisono a fare la guerra ormai da mesi, impegnati ad attraversare il mondo, guidati dall’archetipo di Ares. Il marito di Lampito, infatti, “anche se capita in licenza, ripiglia lo scudo e schizza via, come un fulmine” [4] afferma contrariata la donna!
A volte nei nostri studi capita di confrontarci con coppie in cui l’area affettiva è relegata al femminile, mentre l’attraversare il mondo e il logos al maschile. Neumann definisce questo tipo di relazione matrimonio patriarcale in cui ciascun partner deve rinunciare alla propria bisessualità psicologica al fine di mantenere un equilibrio ed una staticità di coppia. Scrive l’autore: “psicologicamente una tale unilateralità è possibile in quanto il maschile si identifica con la struttura della coscienza e dell’io, mentre il suo lato femminile rimane inconscio”[5]. L’inverso accade alla donna, che si trova a vivere nell’inconsapevolezza, delegando all’uomo la sua parte maschile, l’Animus. Dick, che si è occupato di coppie, lo chiama incastro inconscio, fra i mondi interni di partners non ben differenziati, i cui confini psichici sono fragili. Essi si trovano a vivere in modo complementare e stabile mantenendo nell’ombra parte della loro personalità individuale[6].
Alla fase patriarcale Neumann fa seguire quella della coppia matura in cui, scrive, “ha inizio la psicologia dell’incontro, della dedizione di sé, dell’individuazione e dell’autoindividuazione del femminile”[7]. Nella Psicologia del transfert Jung ha rappresentato questa forma di rapporto come quaternità archetipica, come un rapporto quadruplice nel quale la coscienza e l’inconscio in entrambi i partner sono in reciproco rapporto. Si tratta di quell’area nella quale può rendersi possibile una relazione in cui femminile e maschile si incontrano come strutture consce e inconsce, cioè nella loro totalità[8].
Ma dal punto di vista dell’evoluzione del femminile, prima di giungere a questi livelli di consapevolezza, è necessario iniziare un processo di separazione, di rinuncia alle proiezioni sul maschile e di assunzione su di sé della responsabilità del processo di individuazione. Secondo questa lettura, le donne di Aristofane nella Lisistrata, come in molte fiabe, ma anche nel mito di Amore e Psiche, potrebbero essere definite “eroine”. Psiche lo è nella sua scelta, sostenuta dalle sorelle-ombra, di “vedere” con la luce della consapevolezza (la lampada) il suo sposo, con il rischio di perderlo. Lisistrata e le sue donne sono “eroine” nel sacrificare la loro esistenza conosciuta, rinunciando alla sicurezza e al piacere (concreto e simbolico) che questa gli dava, per esistere nel mondo, sconvolgendo un equilibrio millenario di relazione di coppia legato a livello intrapsichico all“identificazione con il femminile ed alla rinuncia al maschile archetipico[9].
Nell’immaginario collettivo, come nello sviluppo psichico, ad una prima fase matriarcale, in cui tutto era indifferenziato e caotico, in cui ancora non era nato il principio ordinatore, il logos, segue una fase patriarcale legata alla luminosità dello Spirito. In questa seconda fase, la nascita diviene un evento da ricondurre al maschile, mentre la donna, come scrive Aristotele, è relegata a mero contenitore del seme e custode del nascituro. Il principio generativo appartiene all’uomo[10]. L’uomo comincia a differenziare, ad ordinare, a dare un nome alle cose, ed è allora che nasce il tempo dell’uomo, quello lineare, a differenza del periodo matriarcale in cui il tempo era ciclico, scandito dal susseguirsi delle stagioni, dagli eventi naturali e dalla loro magia e ritualità.
La possibilità di recupero del potere del matriarcato per ristabilire un equilibrio nella coppia archetipica potrebbe essere amplificata dal mito delle donne della Licia. Bellerofonte, dopo aver sconfitto ed ucciso i pirati e messe in fuga le Amazzoni che devastavano la Licia, non ebbe il dovuto premio da Lobate, re della Licia. Interpellò allora Poseidone, suo padre, affinché rendesse deserta e sterile quella terra. Poseidone subito fece inondare la regione dal mare. Il sale, simbolo di forza e della trasformazione che può fecondare ma anche distruggere, come precisa Bachofen, rese sterile la terra. Di fronte a quel disastro le donne lice, tiratesi su le vesti, mostrarono al mare e a Bellerofonte il pube. Per pudore il mare e Bellerofonte si ritrassero. Bachofen interpreta il mito, scrivendo: “Il pube femminile predomina sul fallo maschile, la terra sul mare, le donne lice su Bellerofonte. (…) La forza virile fecondatrice riconosce il superiore diritto della materia che concepisce e partorisce. La terra, madre di ogni cosa, sta dinanzi a Poseidone così come la donna terrestre, mortale, sta dinanzi a Bellerofonte. Terra e donna o Gaia appaiono equiparate. La donna rappresenta la terra e prosegue tra i mortali la maternità primordiale della terra”[11].
Lisistrata potrebbe rappresentare il femminile che afferma il proprio potere nell’assenza, negandosi all’altro. Allo stesso tempo dice “no” all’indifferenziato, rinunciando al proprio “godimento” immediato, al desiderio, vivendo la frustrazione dell’attesa, per raggiungere un fine più grande. Recuperando il “potere” del matriarcato ed affermando una dignità più consapevole del proprio essere, può quindi avere inizio una nuova era, quella dell’incontro.
Lo sciopero del sesso non è tanto inusuale nelle coppie, che spesso arrivano in terapia dopo mesi o anni di astinenza. E tante volte è proprio questo il sintomo che porta la coppia, ed in particolare l’uomo, in terapia. È un sintomo che mette in discussione rispetto a qualcosa di profondo che non funziona.
Mi è capitato di osservare, in una seduta di coppia, un irrigidimento provocatorio, svalutante ed umiliante di una donna rispetto alle richieste sessuali del marito. Si tratta di una donna realizzata nel mondo del lavoro che viveva dentro di sé il conflitto del ruolo tradizionale del femminile. Se un impegno di lavoro la portava fuori, era presa dai sensi di colpa la cui responsabilità proiettava sul marito, come se fosse lui il carceriere patriarcale che non voleva che lei si realizzasse nel mondo. Cosa non vera. Vivendo questo conflitto tra maschile e femminile nella stanza d’analisi, è stato possibile ritirare le proiezioni e si è potuta sbloccare una situazione che sembrava senza via d’uscita. L’uomo ha compreso il disagio della moglie nel portare sulle sue spalle il peso della cura e dell’accudimento, mentre la donna ha potuto riflettere sul fatto che l’area della realizzazione personale, nella sua psiche, era scissa dal suo ruolo di moglie e madre di famiglia secondo una modalità tradizionale archetipica, e il concedersi sessualmente la riportava al femminile tradizionale patriarcale, come lo definirebbe Neumann, e quindi a non esistere come personalità autonoma.
Jung approfondì il rapporto tra il complesso a tonalità affettiva, dietro il quale si cela sempre un archetipo, e il complesso dell’Io. Un complesso, se non entra in contatto con la coscienza, mantiene la sua forma originaria, il suocarattere coattivo, non influenzabile, di automatismo. Si può portare l’esempio di donne impegnate in carriere fino a qualche anno fa prettamente maschili che vivono il conflitto con la vita familiare o che ci rinunciano, diventando tuttavia madri accudenti dei loro compagni o amanti, oltre che di coloro che sentono come bisognosi di cure. Allo stesso tempo sono intransigenti ad esempio nel farsi corteggiare o semplicemente nel farsi offrire una cena da un uomo, o anche nello stesso concedersi al rapporto sessuale nell’ambito di una dinamica di coppia stabile, cosa che le farebbe precipitare, per enantiodromia, nell’unilateralità opposta dell’archetipo.
Il rischio che si rimanga divisive nella scissione esiste, che non si riesca ad elaborare un Eros in grado di mettere insieme Animus ed Anima, regredendo e agendo un femminile primitivo matriarcale amazzonico. Non a caso proprio le Amazzoni vengono citate da Corfeo, uno dei personaggi maschili della commedia, in senso denigratorio, come femminili da imbrigliare (“…le Amazzoni… Birognerebbe afferrarle … e mettergli il gozzo… nel collare!”). Le Amazzoni si tagliavano il seno per impugnare la spada, non considerando il maschile se non per la sua capacità di procreare.
Differente sembra il processo del femminile nella Lisistrata. Lisistrata e le sue donne, nel centro nevralgico e culturale della città, nell’Acropoli, recitano il giuramento di non concedersi sessualmente ai mariti finché non fosse terminata la guerra. Preparano il rito: in “una grande coppa nera: ci sgozziamo dentro un orcio di vino tasio”[12]. Il vaso è il simbolo dell’essenza del Femminile[13], il vino invece rappresenta anche il principio dionisiaco maschile che permette al carattere trasformatore del femminile di passare dal piano naturale a quello spirituale[14]. Attraverso una azione rituale iniziatica, dunque, sembra avviarsi un percorso eroico che sconvolgerà la coppia maschile-femminile in senso evolutivo.
Un altro percorso eroico è quello di Psiche nella favola di Apuleio che, dopo essersi opposta alla Grande Madre Afrodite, aver affrontato le prove alle quali l’aveva sottoposta la madre di Eros, una volta riemersa dagli Inferi con il vasetto della divina bellezza, ma con il divieto di aprirlo, recupera il suo legame con il femminile proprio quando lo dischiuse, scrive Apuleio, per piacere al suo bellissimo amante. Cadde quindi in un sonno infernale che permise ad Eros, che nel frattempo era guarito dalla sua ferita, di salvarla, di portarla con sé e di costituire la coppia olimpica, una coniunctio oppositorum ad un livello più alto. Solo allora Afrodite potrà pronunciare le seguenti parole: “…figlia mia … farò che le nozze non siano impari … Bevi – porgendole un bicchiere di Ambrosia – Bevi … Psiche, e sii immortale, e mai si separi dal tuo laccio Cupido, ma queste nozze siano per voi eterne”. “Così Psiche sposò Eros, e nacque da essi, quando fu maturo il parto, una figlia che si chiamò Voluttà”[15].
Si potrebbe leggere, quindi, la conclusione della commedia di Aristofane come recupero della parità nella coppia maschile e femminile intrapsichica, ma anche dell’uomo con la donna, e come momento di costituzione della coppia matura che può ora iniziare il suo processo di individuazione di coppia ad un livello di maggiore consapevolezza. Recita la commedia: “Il marito vicino alla moglie e la moglie al braccio del marito”[16], in una danza rituale in onore delle divinità maschili e femminile.
Una tradizione ebraica racconta che all’inizio della creazione la Luna e il Sole erano della stessa grandezza. Successivamente la Luna rimpicciolì e il Sole divenne la stella che illumina il mondo. Dio tuttavia promise alla Luna che un giorno sarebbe stata di nuovo grande e luminosa. Così disse: “Un giorno tu sarai nuovamente grande come il sole; e la luce della luna sarà la luce del sole”[17].
[1] cfr. Marzullo B. (a cura), 1974, in Aristofane, Lisistrata, Laterza, Roma-Bari, 1974, p. XIII.
[2] cfr. Bearné L., 2006, Le Vergini arcaiche, Edizioni della Terra di Mezzo, Milano, p. 148.
[3] Aristofane, Lisistrata, Laterza, Roma-Bari, 1974, p. 6.
[4] Ibidem, p.11.
[5] Neumann E., 1953, Gli stadi psicologici dello sviluppo femminile,Marsilio Editori, Venezia, 1978,p. 49.
[6] cfr. De Benedictis F., Fersulla S., Presciuttini S., 2019, Orizzonti di coppia, Moretti & Vitali, Bergamo, p. 97; Dicks H. V., 1967, Tensioni coniugali, Borla, Roma, 1992.
[7] Neumann E., 1953, Gli stadi psicologici dello sviluppo femminile,Marsilio Editori, Venezia, 1978,p. 63
[8] cfr. Neumann E., 1953, La psicologia del femminile, Astrolabio Ubaldini Editore, Roma, 1975, p. 38. Jung C.G,.1946, La psicologia della traslazione, in Pratica della psicoterapia, Opere, vol. 16, Boringhieri, Torino, 1980.
[9] cfr. Neumann E., 1971, Amore e Psiche – Un’interpretazione nella psicologia del profondo, Astrolabio Ubaldini Editore, Roma, 1989, p. 111.
[10] Hillman J., 1972, Il mito dell’analisi, Adelphi, Milano, 1991.
[11] Bachofen J.J.,1861, Il matriarcato, Einaudi, Torino, 1988, pp. 58-9.
[12] Aristofane, Lisistrata, Laterza, Roma-Bari, 1974, p. 15.
[13] cfr. Neumann E., 1956, La Grande Madre, Astrolabio, Roma, 1991, p. 48.
[14] cfr. ibidem, pp. 78sgg, 286sg 266).
[15] Apuleio in Neumann E., 1971, Amore e Psiche – Un’interpretazione nella psicologia del profondo, Astrolabio Ubaldini Editore, Roma, 1989, p. 40.
[16] Aristofane, Lisistrata, Laterza, Roma-Bari, 1974, p. 91.
[17] Gorin M.J.bin in Neumann E., 1953, La psicologia del femminile, Astrolabio Ubaldini Editore, Roma, 1975, p. 77.
Bibliografia:
-Aristofane, Lisistrata, Laterza, Roma-Bari, 1974.
-Bachofen J.J.,1861, Il matriarcato, Einaudi, Torino, 1988.
-Bearné L., 2006, Le Vergini arcaiche, Edizioni della Terra di Mezzo, Milano.
-De Benedictis F., Fersulla S., Presciuttini S., 2019, Orizzonti di coppia, Moretti & Vitali, Bergamo.
-Dicks H. V., 1967, Tensioni coniugali, Borla, Roma, 1992.
-Hillman J., 1972, Il mito dell’analisi, Adelphi, Milano, 1991.
-Marzullo B. (a cura), 1974, in Aristofane, Lisistrata, Laterza, Roma-Bari, 1974.
-Neumann E., 1953, Gli stadi psicologici dello sviluppo femminile, Marsilio Editori, Venezia, 1978.
-Neumann E., 1953, La psicologia del femminile, Astrolabio Ubaldini Editore, Roma, 1975.
-Neumann E., 1956, La Grande Madre, Astrolabio, Roma, 1991.
-Neumann E., 1971, Amore e Psiche – Un’interpretazione nella psicologia del profondo, Astrolabio Ubaldini Editore, Roma, 1989.
-Jung C.G,.1946, La psicologia della traslazione, in Pratica della psicoterapia, Opere, vol. 16, Boringhieri, Torino, 1980.


